martedì 15 marzo 2011

A proposito di patate...


Nonostante i più frequenti problemi di tossicosi alimentare siano oggi associati alle contaminazioni da microorganismi, ci sono ancora alimenti che diventano tossici nel tempo. Come riconoscerli?
In alcuni casi, da segnali elementari ed evidenti.


«Le patate» - spiega Antonio Malorni, direttore dell’Istituto di scienza dell’alimentazione (Isa) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Avellino - «contengono i glicoalcaloidi solanina e chaconina, inibitori della colinesterasi e teratogeni (in grado cioè di indurre malformazioni qualora una donna venga esposta a esse durante la gravidanza o prima), presenti mediamente in una proporzione di cinque milligrammi per cento grammi (ossia lo 0,005%), anche se la concentrazione cambia nei diversi cultivar del tubero (fino a 20 mg/100g siamo nella concentrazione di non tossicità)».
«Le maggiori concentrazioni di solanina» - prosegue Malorni - «si trovano nella buccia delle patate inverdite per esposizione alla luce, nei germogli e zona circostante, negli steli e “genericamente” nelle patate infestate o ammaccate, mal conservate, immature. In questi casi, i glicoalcaloidi possono raggiungere livelli letali per l’uomo. Fortunatamente i nostri sensi ci avvisano: al di sopra dei 14 mg/100g le patate assumono un sapore amarognolo e intorno a 20 mg/100g, limite di concentrazione oltre il quale diventano pericolose, generano una sensazione di bruciore nella bocca e nella gola».
[Fonte: Cnr, Almanacco della Scienza]

Non è da sottovalutare, poi, la contaminazione da microrganismi, come il marciume nero o il marciume anulare della patata. Per saperne di più:

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