Raggiunti negli ultimi
vent’anni i livelli massimi di disuguaglianza a discapito dei bambini più
poveri, denuncia il nuovo rapporto “Nati Uguali” di Save the Children diffuso
in occasione della Giornata Mondiale per l’Infanzia.
(Fonte: savethechildren.it)
Una condizione che influisce drammaticamente sulla loro
salute, la loro educazione e le possibilità di sopravvivenza, esponendoli maggiormente alle malattie, al ritardo
fisico o mentale, e all’abbandono scolastico.
Secondo il nuovo rapporto dell’Organizzazione, che
raccoglie i dati relativi a 32 paesi (1), il
gap tra i bambini poveri e quelli ricchi a livello globale è cresciuto del 35%
rispetto al 1990 – un aumento
doppio rispetto a quello riscontrato per gli adulti – con la conseguenza che in
alcuni paesi la mortalità
infantile sotto i 5 anni per
i bambini poveri è doppia rispetto a quella dei più ricchi. In linea generale,
il rapporto dimostra che i bambini che nascono con maggiori possibilità
economiche hanno 35 volte le possibilità di accedere alle risorse rispetto a
quelli più poveri e questo riguarda ad esempio l’accesso all’educazione, alle
cure sanitarie, ma anche una minore possibilità di dover lavorare in tenera
età.
“I bambini sono i più colpiti da una distanza che
continua a crescere inesorabilmente tra chi ha e chi non ha. La disuguaglianza va combattuta
senza tregua se vogliamo dare a tutti i bambini la stessa possibilità di vita e
di sviluppo, perché possano beneficiare degli enormi passi fatti dal
progresso a livello globale,” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di
Save the Children Italia.
In alcuni paesi la distanza tra bambini ricchi e poveri
negli ultimi vent’anni è quasi triplicata,
come nel caso del Perù dove è aumentata del 179%. Gli altri paesi meno virtuosi
sono Bolivia (+170%), Colombia (+87%), Camerun (+84%) e Ghana (+78%).
Mentre i bambini ricchi hanno addirittura migliorato le
loro condizioni, in un quinto circa dei paesi analizzati - Bolivia, Perù,
Zambia, Costa d’Avorio, Ghana e Camerun - il reddito dei bambini più poveri
è precipitato allargando ulteriormente una distanza già pesante.
Tra i paesi presi in esame nel rapporto, sono 11 quelli
che mostrano una variazione in positivo rispetto alla distanza tra ricchi e poveri,
ovvero un aumento del reddito nella fascia meno abbiente maggiore di quello
riscontrato nella fascia più ricca, e sono Niger, Mali, Burkina Faso, Armenia,
Cambogia, Bangladesh, Nicaragua, Egitto, Nepal, Marocco e Giordania. Al
contrario, in 12 paesi l’aumento del reddito nella fascia più ricca è stato più
del doppio di quello nella fascia più povera, così è avvenuto in Madagascar,
Zambia, Kenya, Turchia, Costa d’Avorio, Tanzania, Uganda, Ghana, Camerun,
Colombia, Bolivia e Perù.
Non solo nascere
povero o ricco determina la cosiddetta “lotteria della vita”, altrettanto
importante è dove si nasce poveri: una persona che nasce povera in India ha
minori possibilità di una che nasce povera negli Stati Uniti.
Se è vero che la povertà a livello globale è scesa da 2
miliardi nel 1990 a 1,3 miliardi di persone, e la mortalità infantile si è
dimezzata, Save the Children fa notare che si tratta di una tendenza che cela
in molti casi la totale incapacità
del progresso di raggiungere i più poveri tra i poveri.
Una disuguaglianza che in Nigeria, per esempio, determina
un rischio di mortalità più che doppio per i bambini con meno di 5 anni poveri
rispetto a quelli che invece sono più ricchi. In Tanzania, spesso lodata per
gli investimenti sulla salute e sui programmi sociali, la mortalità infantile
nel quintile più ricco è scesa da 135 a 90 ogni 1.000 nati, mentre in quello
più povero la riduzione è stata modesta, passando da 140 a 137 ogni 1.000 nati.
Ma le disparità non risparmiano nemmeno i paesi più ricchi, come il Canada, dove i bambini con il reddito più
basso hanno una probabilità 2,5 volte superiore di avere problemi di vista,
udito, parola o abilità motoria.
Per molti bambini, essere femmine, disabili o membri di
minoranze etniche, vivere in zone rurali, sono elementi che limitano
ulteriormente le proprie opportunità.
Nel mondo 61 milioni di bambini non vanno a scuola. Se tutti i bambini dei paesi a basso reddito avessero
accesso all’istruzione, 171 milioni di persone non vivrebbero più in povertà.
Ad esempio, in
Brasile i bambini bianchi hanno il 32% di possibilità in meno rispetto ai
coetanei di colore, meticci o indigeni di avere gravi lacune scolastiche.
In Nigeria, la fascia di giovani che ha attualmente tra i 17 e i 22 anni, ha
meno di 5 anni scolarizzazione se fa parte della parte povera della
popolazione, contro i 10 anni dei più ricchi.
In termini di genere, al mondo se tutte le femmine
avessero lo stesso accesso dei maschi alla scuola primaria, almeno 3, 6 milioni
di bambine in più la frequenterebbero: in Indonesia, ad esempio, le donne
analfabete sono il doppio degli uomini e le ragazze mai iscritte a scuola sono
tre volte i ragazzi. Negli ultimi 4 decenni, l’aumento delle donne con
un’istruzione di base ha prevenuto la morte di 4 milioni di bambini.
Nel 1990, la maggior parte dei poveri, pari al 93%,
viveva nei paesi a basso reddito. Oggi, il 70%, quasi un miliardo, vive in paesi a medio reddito,
che rappresentano, secondo Save the Children, la
maggiore sfida per promuovere un contrasto alla disuguaglianza e favorire una
maggiore condivisione dei progressi della crescita. Inoltre il problema della povertà
relativa e assoluta aumenta ogni giorno anche nei paesi al alto reddito,
accompagnata dalle minori risorse investite in educazione e servizi per
l’infanzia.
A tale proposito, il 4 dicembre Save the Children Italia,
lancerà l’Atlante dell’Infanzia (a rischio) in Italia, l’annuale pubblicazione
che è la cartina di tornasole sulla situazione di bambini e adolescenti nel
nostro paese, con uno sguardo al futuro.
Il rapporto “Nati Uguali” (Born Equal), è scaricabile al
link:
http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/Born_Equal.pdf
http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/Born_Equal.pdf
NOTA:
1) Armenia, Bangladesh, Burkina Faso, Repubblica
Dominicana, Niger, Nepal, Ruanda, India, Mali, Pakistan, Egitto, Giordania,
Mozambico, Marocco, Filippine, Cambogia, Vietnam, Nigeria, Turchia, Indonesia,
Tanzania, Nicaragua, Madagascar, Uganda, Colombia, Kenya, Camerun, Ghana, Costa
d’Avorio, Zambia, Perù, Bolivia
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