giovedì 22 marzo 2012

Ristorazione scolastica: il buon esempio arriva dall'America

I gestori delle mense scolastiche devono sempre fare i conti con budget ridotti al minimo, e in Italia a volte anche con i ritardi di pagamento. Al tempo stesso, devono offrire pasti che siano validi dal punto di vista nutrizionale e apprezzati dagli studenti. Un'impresa difficile, soggetta al controllo severo delle famiglie che sono pronte alla protesta contro gli amministratori locali. 
L'amministrazione Obama ha saputo realizzare un “miracolo contabile” per aumentare le risorse disponibili alle mense delle scuole pubbliche in una stagione economica non rosea. Spendere qualcosa in più per garantire un effettivo miglioramento delle proprietà nutrizionali dei cibi offerti.

In questo contesto è fiorita Revolution Foods, una start-up, che ha fondato il proprio business su un'idea che, per certi aspetti propri della società americana, è davvero rivoluzionaria: cibo sano per la salute, l'apprendimento e la crescita dei bambini. Ingredienti di prima scelta, cereali integrali, frutta e verdura in abbondanza. Bando a “high fructose corn syrup” e grassi idrogenati, niente conservanti né coloranti o altri additivi artificiali. Un progetto solido, orientato verso le esigenze dei consumatori e della società, che in pochi anni ha riscosso un buon successo: 120.000 pasti serviti ogni giorno, più di 33 milioni di pasti dal 2006 a oggi.
Revolution Foods fornisce colazioni, pranzi, merende e cene in oltre 600 scuole, rivolgendosi a un'utenza che per i 2/3 proviene da famiglie a basso reddito. E dal 2009, con i suoi oltre 750 dipendenti, è entrata a far parte del club delle “B corporations” [1], cui partecipano oltre 500 operatori economici USA certificati per le loro prestazioni in termini di sostenibilità.

[1] "B Corporations" sono le società che aderiscono a severi standard di impatto ambientale e performance sociale, sviluppati in Usa negli ultimi 5 anni, si sottopongono ad apposita certificazione per verificarne e dimostrarne il rispetto.

Fonte: ilfattoalimentare.it

Nessun commento:

Posta un commento